Coliva, il dolce “amaro”

Coliva (foto)

Bradet, un piccolo paese nel sud della Transilvania (Romania). Qui il tempo pare si sia fermato agli anni quando ero piccola. Al calar della sera si vedono ancora le mucche che, tornando dal pascolo, ognuna riconosce il proprio cancello ed entra nel proprio cortile, mentre sulle verdi colline i pastori radunano le pecore aiutati dai loro cani. Nel gelido inverno puoi incontrare per la strada le slitte trainate dai cavalli. Qui abitudini di vita e riti religiosi si tramandano da una generazione ad un’altra. I matrimoni si festeggiano per 2-3 giorni, ma lo stesso tempo si dedica anche alla persona defunta. La salma viene vegliata per 2 notti, con le candele sempre accese intorno alla barra. Esse sono la luce di Cristo, indicano la redenzione e il cammino della fede per ottenere la salvezza della propria anima. Il giorno del funerale, dopo la messa e la sepoltura, che per gli ortodossi deve essere nella terra, tutte le persone partecipanti al rito funebre sono invitate ad un pranzo composto da una minestra, un secondo ed un bicchiere di vino. Se il funerale si svolge di mercoledì o venerdì, oppure in quaresima, allora il pranzo deve essere vegano. Il tutto è seguito da un dolce chiamato Coliva che si prepara per questa triste occasione e per le messe di suffragio che si ripetono dopo 40 giorni, dopo 6 mesi, e dopo 1 anno dal decesso, poi una volta all’anno fino al settimo anno.
La Coliva è entrata a far parte della pratica religiosa nella seconda metà del 300 d.C. a Costantinopoli. Per prepararla si usa un grano chiamato “arpacas”. Il chicco di grano simbolizza il corpo umano, che una volta interrato risorge a nuova vita. È un’espressione materiale del nostro credere nella resurrezione, attraverso il cibo, che è l’essenza della vita, elemento primordiale della vita dell’uomo. Gli altri ingredienti di questo dolce rappresentano le virtù dei santi o del defunto e anche la dolcezza della vita eterna raggiunta. Si porta in chiesa durante la messa di commemorazione, dove il prete la benedice spruzzandola con del vino (sangue di Cristo) e, all’uscita dalla chiesa, viene offerta ai credenti. Fino a una dozzina di anni fa mi piaceva mangiare questo dolce poi, con la scomparsa di mia sorella, ho dovuto imparare a farlo seguendo la stessa ricetta usata da lei per prepararlo dopo la morte di nostra madre.

Violetta

Ricetta

Ingredienti: 1 kg di grano decorticato, 700 gr di zucchero, 500 gr di noci tostate, scorza grattugiata di 2 limoni e 2 arance biologiche, 4 bustine di vanillina, cacao amaro, rum, biscotti secchi grattugiati, poco sale.
La sera prima lavare il grano in 9 acque, metterlo in una pentola aggiungendo acqua fino a 2-3 ditta sopra il grano con poco sale, e farlo bollire. Quando è quasi pronto aggiungere un bicchiere di acqua fredda, lo zucchero, la vanillina, poi mescolare, spegnere il fuoco, e aggiungere una parte del rum. Al mattino seguente si mescola bene aggiungendo le noci tostate e tritate grossolanamente, dei biscotti grattugiati, dell’altro rum e le scorze grattugiate. Assaggiare e aggiustare secondo il proprio gusto. Sistemarlo su un vassoio, spolverarlo con dei biscotti grattugiati sopra e anche lateralmente, cospargerlo con dello zucchero a velo e ornarlo a piacimento. Con il cacao formare una croce nel centro.