67, 68, 69, 70… la rotella taglia i ravioli con gesti secchi e precisi. Le mani sformate da artrite e lavoro li prendono con sicurezza e li allineano sui vassoi di cartone imbiancati di semola. Solo sapendo cosa guardare si vede che le dita sono rigide, e che il loro movimento veloce è sostituito dal pollice contro il palmo. 71, 72, 73, 74 … mamma conta i ravioli via via che li affianca sui vassoi. Non è insolito, conta così tutto ciò che prepara per cucinare e che è composto da pezzi: gnocchi, supplì, panzerotti, ravioli, polpette. La conta serve per esclamare con fierezza: “ne feci 108!” E, soprattutto, a fine pasto, lievemente accusatoria ma soddisfatta “108 ne feci e tutti se li sono mangiati”, per poi aggiungere calcoli su quanti fossero a testa, e zio Orlando ne ha mangiati di più, e Stefano anche, si sa che sono la sua passione. La cucina di mia madre era così, un misto di creatività, arte, ricatto, affetto. Sui cibi composti di “pezzi” si facevano gare su chi ne mangiava di più, scommesse, e racconti epici di quella volta che…
Mia madre, contando, dava la misura del suo lavoro, quello che non le dava autonomia o riconoscimento. Quello che mai avrebbe voluto fare, lei modellista e creatrice di meravigliosi abiti, che aveva detto no a Yves Saint Laurent perché con lui i suoi vestiti non avrebbero avuto il suo nome. Contava gnocchi e polpette come contava i centimetri del suo metro da sarta. Contava quanti ne mangiavamo, penso, per riconoscersi un merito altrimenti ignorato.
Quando cucino, più che altro in vacanza perché di solito non ne ho il tempo, a volte mi accorgo che in una piccola parte di me una voce sussurra 1, 2, 3, 4, 5 …
Tra tutti i pezzi la mia passione erano le polpette. Per molti anni le polpette di mia madre sono state le uniche che potessi concepire. Ricordo quando andammo per la prima volta in vacanza a Cattolica e la proprietaria della pensione Villa Pozzi annunciò che, per cena, c’erano le polpette. Ero felice. Quando arrivó il piatto con delle polpette fritte, fatte con la carne del bollito, scoppiai a piangere disperata : fu un vero tradimento per me scoprire che “polpette” non era un nome divino ma una convenzione.
Ecco la ricetta delle uniche e vere polpette.
Judith
Ricetta
Ingredienti: 300 gr. manzo macinato; 150 gr. mollica di pane; latte q.b.; 1 uovo; due belle manciate di parmigiano grattugiato; sale. Per il sugo: cipolla, carota e sedano per il soffritto; olio evo; passata di pomodoro.
Mettere a bagno la mollica nel latte. Intanto far soffriggere gli odori aggiungendo un cucchiaino di sale e uno di zucchero. Quando gli odori sono imbionditi aggiungere la passata e aggiustare di sale. Il sugo va fatto in una teglia o in una padella larga, dovrá contenere le polpette. Strizzare la mollica e metterla in una terrina con il macinato, il parmigiano, l’uovo e poco sale. Mescolare per bene con le mani. Fare con il composto delle palline grandi al massimo come una pallina da ping pong, ma anche un pochino più piccole. Nel frattempo la salsa sarà arrivata a bollore: annegatevi delicatamente le polpettine, naturalmente contandole. Lasciate cuocere adagio per una mezz’ora. Di tanto in tanto muovete le polpette con un mestolo di legno in modo che rigirino nel sugo. Le persone più attente allo spirito di questo racconto potranno poi contare di nuovo le polpette di ogni porzione, per avere argomenti inconfutabili sull’ingordigia dei commensali.