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Parpadlon in brod

E’ una storia nella storia che arriva da lontano tramandata dalla nonna di mio suocero alla sua mamma e probabilmente adattata nel tempo. La ricetta e’ povera e figlia di anni in cui si faceva da mangiare con poco e gli ingredienti evocavano il desiderio di qualcosa di più’ che non si aveva. La poca pancetta del ripieno dei parpadlon che si scioglieva nel brodo caldo permetteva di avere un condimento ricco di sapore anche se scarso in quantità’. Il brodo rigorosamente “matto” immaginava la carne senza possederla. E mentre mio suocero racconta, a me sembra di essere seduta a quella tavola ove si condivideva il gusto ed il sapore di quel poco cibo disponibile che doveva comunque bastare.

Mara (Commissione per le pari opportunità -C.P.O. del  Comitato unitario delle professioni intellettuali -C.U.P.)

Ricetta
Ingredienti: 4 uova, 2 tuorli, farina, 400 gr di pancetta, croste di parmigiano grattugiate, brodo matto
Preparare il brodo “matto” con avanzi di verdura e resti di ossa di pollo con residui di carne che devono bollire per 1 h circa. Tirare la sfoglia con il matterello e distribuirvi la pancetta rosolata tagliata a dadini, spolverare con parmigiano ottenuto grattugiando le croste. Ripiegare la sfoglia e tagliare quadretti di 1 cm per lato da versare nel brodo.

 

 

Le ricette delle nonne

Quante ricette, ricordando le nonne,
nascoste fra le chiavi, nei tasconi delle gonne.
Chiavi del risparmio, che aprivano i cassetti,
per dare l’occorrente a quei poveri pranzetti!.
Nonne affettuose che regalavano gusto, unito ai valori,
e ora scrivendo le ricette, ritornano fuori!
Non si buttava niente, neanche la buccia delle mele,
che cuocevano nel forno a legna, senza lamentele.
La nonna lavorava tutta la mattina,
e il suo fare era lezione per la nipote, bambina.
Alla domenica c’era il pollo e si mangiava tutto:
testa, zampe, portacoda, bargilli… e se c’era un lutto
il suo brodo era nutrimento, era sostanza….
giaceva il defunto, nell’altra stanza!
Ora, nel tempo nuovo, nella modernità,
non si parla più di morte, c’è solo felicità.
A noi nipoti, allora, la morte passava accanto,
era un insegnamento, e avere vita, era un vanto.
Come vorremmo dire con un bacio “ Grazie nonna”
dov’è la famosa chiave? E la tasca della gonna?
Mi hai lasciata è vero, ma sei qui dentro di me,
con i tuoi insegnamenti, le risposte ai miei “ perché”?
Spero di dare ai miei nipoti ciò che ho ricevuto,
che senza di te non avrei mai saputo.
Ora nonna, è finito quel tempo che passavamo assieme,
ma posso ancora dirti: ”Ti ho voluto tanto Bene”!!!

Noris

Sapore senza prezzo

pasta e zucca

E’ strano come un piatto, in fondo povero, possa in realtà essere ricco. Forse la vera ricchezza, quella che dura all’usura del tempo è proprio quella che ha un fondo di povertà. Riflettevo su questo oggi che mi trovo privato della libertà per un reato legato al desiderio di arricchimento. Non ricordo quali fossero i miei desideri da bambino, so negli ultimi anni per me ricchezza equivaleva a denaro, quello che si può contare, tenere in mano, quella ricchezza materiale che può far diventare realtà i sogni e avere ciò che hanno gli altri o anche di più. Poter essere finalmente rispettato, ammirato, cercato … col denaro si può avere tutto. Tutto ? Da qualche tempo non ne sono più così sicuro. Quanto denaro occorre nonna per poter avere qui, di nuovo la tua pasta di zucca ? Col denaro posso comprare aglio, zucca, pasta, formaggio e prepararla qui quando voglio, ma non è la tua, quella che mi preparavi almeno due volte alla settimana. Ricordo, avevo 6 anni e stavo a casa tua, mamma e papà lavoravano lontano. Quanto denaro potrei raccogliere, in qualsiasi modo, per ‘comperare’ quel profumo, quel colore, quel sapore ? Quanto denaro per risentire la tua voce, nonna, che mi dice : ‘ Giuseppe, vieni è pronta !’

Sono diventato grande, posso avere quello che voglio, sono intelligente, furbo, ‘ come si fa!’, conosco le persone giuste. Giuste ? Giuste per cosa ? Giuste anche per aiutarmi a comprare il tempo perduto, quello che non può più tornare ? … e ridarmi il suono della mia voce di bambino che ti rispondeva : ‘Sì, nonna vengo subito. L’hai fatta sempre come piace a me ?’

“Sì, Giuseppe, amore mio, è per te; è la tua pasta e zucca”

Ho trovato il modo di avere tutto ma, c’è al mondo la moneta che possa ridarmi il tuo amore ?

Solo ciò che non si compera rimane per sempre. Nonna perché nella vita ci si deve perdere per ritrovare ciò che si è sempre avuto ? … quelle cose vere che il tempo non può intaccare, non i surrogati che il denaro può fintamente dare. Cose che non hanno prezzo.

Sono dovuto arrivare fin qui per capirlo, grazie ad un sapore, il sapore della pasta con la zucca.

Giuseppe

 

Pasta di Zucca

Ricetta per due persone

400 gr. di zucca; 160 gr. di pasta mista ; 2 cucchiai di olio extravergine di oliva; 1 spicchio d’aglio; peperoncino, prezzemolo

In una pentola mettere 2 cucchiai di olio extravergine di oliva, 1 spicchio d’aglio e mezzo peperoncino. Far soffriggere e quando l’aglio avrà preso colore versare nella pentola la zucca precedentemente tagliata a dadini. Far insaporire nell’olio a fiamma vivace, dopo un paio di minuti togliere l’aglio, aggiungere un pizzico di sale e mettere il coperchio sulla pentola, abbassate la fiamma e aggiungere un bicchiere di acqua calda. Far cuocere fino a quando la zucca non sarà quasi disfatta.
A questo punto aggiungere 3 mestoli d’acqua e portare ad ebollizione, versate la pasta nella pentola e fatela cuocere a fuoco basso mettendo il coperchio, correggete di sale se serve. Negli ultimi minuti di cottura aggiungete il prezzemolo, ora è pronta la vostra pasta e zucca.

Le “freselline” della nonna

Sono nata e cresciuta in un paese del nord-est, nebbioso e umido come solo la Pianura Padana sa[peva] essere. Vivevo in un paese che ad oggi conta poco più di seimila abitanti, comprese le frazioni. Immaginatelo alla fine degli anni settanta: il comune, la chiesa, la scuola, una manciata di villette, tante cascine, tanti campi coltivati e dove abitavo io. Un palazzone verde da nove piani.
L’inverno passava fra scuola, danza, i giochi con le amichette nel palazzo. Il bello di abitare in un posto grande come il palazzone a nove piani consisteva proprio nel fatto di ritrovare qualche compagna di classe a solo qualche piano di distanza. Così anche nei giorni piovosi, o di nebbia densa come la schiuma del cappuccino, o di neve da affondarci dentro fino al collo, si poteva stare insieme tutto il pomeriggio a giocare, dopo i compiti.
Con l’estate però cambiava tutto. Estate per me era sinonimo di nonna e di sud. Il sud per me era colore, odore, rumore. Era dormire nel lettone con la nonna, era camminare scalza per il quartiere dove tutti mi conoscevano, era uscire da sola per andare a comprare il gelato o le caramelle. Era giocare in giardino con le galline, il cane, le papere. Era curare l’orto con la nonna. Era guardare la nonna cucinare. Se c’era qualcosa da impastare, tirava fuori il tavolaccio di legno che teneva sempre a portata di mano. Un tagliere in legno tondo, in formato gigante, che non si doveva mai assolutamente lavare, ma solo ripulire dall’impasto rimasto appiccicato con una spatolina, o al massimo con un coltello.
Di quelle estati in particolare mi è rimasto il ricordo di alcuni biscotti che la nonna preparava per la colazione. Il nome in dialetto suona più o meno come “freselline”: biscotti a doppia cottura, che la nonna cuoceva nel forno a legna. Questa è la ricetta perduta, che ho cercato per anni, e che preparo ogni volta che voglio ricordare il sapore delle mie estati da bambina. E non vedo l’ora che anche il mio bambino possa assaggiarli.

Marcella

Ricetta
Ingredienti: 8 uova, 500 gr. di zucchero, 20 gr. di ammoniaca per dolci, 400 gr. di burro, 1 chilo e 200 gr. di farina, vanillina, un pizzico di sale, un cucchiaio di cacao amaro.
Sciogliete l’ammoniaca per dolci in un dito di latte e disponete la farina a fontana, quindi aggiungete le uova, versate a poco a poco il latte con l’ammoniaca, il burro lasciato ad ammorbidire, lo zucchero e la vanillina. Impastate con le mani per ottenere un impasto liscio. Dividete l’impasto in 6 pezzi da 200 gr l’uno, quindi uno alla volta stendeteli con le mani fino ad ottenere dei filoncini. Comprimete con entrambe le mani e allungate i filoncini fino a 30 cm circa. Adagiate i filoncini così ottenuti in una teglia ricoperta da carta da forno, ben distanziati (tendono a raddoppiare di volume). Portate il forno a 200° e cuocete per 20 minuti. Trascorso questo tempo estraete i filoncini, fateli raffreddare qualche minuto e procedete a tagliarli in diagonale per ricavare dei biscotti di circa 1-1,5 cm. Disponete i biscotti ottenuti di nuovo sulla placca e fate “biscottare” in forno a 170° per circa 10-15 minuti. A piacere metà impasto potete farlo al cioccolato, aggiungendo il cacao.

Crostata al limone con meringa al limone

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Per me, che sono nipote e figlia di due “rezdore” di prim’ordine (nonna Anna e mamma Paola), non è stato facile vincere la paura del confronto con questi due “mostri sacri del matterello” e decidere di cimentarmi ai fornelli. Cosa mi ha convinta? il desiderio di sorprendere la mia mamma con un regalo speciale per il suo compleanno, la sua torta preferita, ossia la crostata con crema al limone, fatta da me con l’aggiunta della meringa al limone. Non ho ottenuto stelle Michelin ma la sua gioia e il suo apprezzamento sono stati indiscutibilmente il premio più gradito!

Jessica

Ricetta
Ingredienti: CREMA: 3 BUCCE DI LIMONE GRATTUGGIATE, 4 TUORLI, 2 CUCCHIAI DI MAIZENA,100 GR ZUCCHERO,1 BICCHIERE D’ACQUA. FROLLA: 200 GR FARINA,70 GR BURRO,1 UOVO INTERO,100 GR ZUCCHERO, ½ BUSTINA DI LIEVITO. MERINGA: 2 ALBUMI, 4 CUCCHIAI DI ZUCCHERO, SUCCO DI UN LIMONE.

Unire con le fruste elettriche lo zucchero e i tuorli poi aggiungere le bucce grattugiate la maizena e infine il bicchiere d’acqua. Cuocere a fuoco lento fino a ottenere una crema densa non grumosa, lasciarla raffreddare. Unire farina zucchero lievito e burro, aggiungere l’uovo e ottenere un composto omogeneo.
Imburrare e infarinare una teglia stenderci sopra la pasta lasciando un bordo di due cm
Versare la crema sulla pasta e cuocere in forno preriscaldato a 180°C x circa 20 minuti.
Nel frattempo montare a neve ferma gli albumi, aggiungere lo zucchero e infine il succo di limone, continuare a battere con le fruste fino a ottenere una crema densa.
Stendere la meringa sulla torta e cuocere x altri 5 minuti sino a quando la meringa è dorata.

Ravioli con la ricotta

Le ricette della mia tradizione sono legate alla Storia della mia famiglia (sono di origine lucana e precisamente di Montemurro che ha dato i natali a Leonardo Sinisgalli), in particolare a mia nonna che ha tramandato ai figli e poi a noi nipoti la sua passione per la cucina, il volerla condividere con la famiglia e gli amici. In particolare sono legata ad un primo tipico “ravioli di ricotta dolci con ragú di carne e pecorino”.

Maria Assunta
Ricetta
Ingredienti: (PER 8 PERSONE) Ripieno: 600 g di ricotta, un uovo, 100 g di  zucchero. Fare la pasta all’uovo. Fare il ripieno mescolando bene con una forchetta. Stendere la sfoglia, fare delle strisce di 10 cm e preparare i ravioli. Lasciare la sfoglia ai lati abbondante almeno 1 cm. Lessare delicatamente in acqua bollente e condire con sugo di carne e pecorino grattugiato.

Una tazza di latte e caffè

Se penso al primo ricordo che ho del caffè, mi viene in mente un liquido nero conservato in un pentolino blu sotto il lavandino della casa della mia infanzia. Mia nonna lo preparava una volta alla settimana. Solitamente il sabato. Ricordo bene la ricetta, perchè il giorno prima della preparazione della bevanda, mi mandava al botteghino della Jolanda e mi faceva comperare: una confezione di VECCHINA, una confezione di MISCELA LEONE, due confezioni di OLANDESE MORETTO, e mezzo etto di CAFFE’ BUONO.
Questi erano gli ingredienti precisi che, ben miscelati prima, e fatti bollire nell’acqua poi, producevano il liquido nero dal vago profumo di caffè. Ma il rito non finiva qui. Bisognava essere pazienti e aspettare che si rafreddasse, poi che si “deponesse il fitto”. Finalmente l’infuso era pronto. il suo profumo si sprigionava di nuovo ogni mattina quando incontrava il latte fumante nelle tazza della colazione. La nonna lo prelevava con un mestolino di alluminio e stava ben attenta a non affondarlo troppo per non muovere “il fitto”. A noi bambine ne dava poche gocce solo per macchiare il latte, ai grandi invece ne dava un bel mestolino pieno perchè, diceva lei, dava energia per lavorare. Dopo aver servito tutti, ne preparava una tazza anche per lei, la riempiva di pane vecchio, fino a far star ritto il cucchiaio, e mangiava con noi. Il rito era completato e la giornata poteva cominciare. Mi sono emozionata scrivendo questo ricordo. Il rito della colazione fatta insieme alla mia famiglia e il caffè, ora preparato con la moka, segnano ancora l’inizio della mia giornata.

Angela

Ricetta
Ingredienti: una confezione di Vecchina, una confezione di Miscela Leone, due confezioni di Olandese Moretto mezzo etto di caffè buono.
Stendere un foglio di carta gialla o carta da zucchero sul tavolo. Aprire le confezioni e versare il contenuto sulla carta. Con l’ aiuto di un cucchiaio mescolarle bene. Far bollire in un pentolino circa due litri di acqua , versarvi la polvere e portare ad ebollizione. Togliere la schiuma che si forma in superficie e lasciare rafreddare e deporre il fitto. Il risultato è una bevanda che potrete conservare fuori dal frigo per una settimana. Ha il sapore del caffè d’orzo e la consistenza del caffè turco … potete provarla a patto che troviate gli ingredienti!!

Pesche ripiene della mia nonna

“Pesche ripiene della mia nonna” e oggi, anno 2015, “Pesche ripiene di ROSA”  così le ho chiamate ora perché mi ha insegnato a cucinarle la mia nonna romagnola come me , ma io le personalizzo. D’estate la nonna ed io stessa usiamo le pesche Nettarine Romagnole sode e spiccanti (si tagliano a metà e le metà vanno girate su se stesse)  e d’inverno vanno bene anche le pesche sciroppate.

Rosa, Associazione Culturale “L’Incontro”

Ricetta

Ingredienti: In estate: Pesche Nettarine Romagnole sode e spiccanti (si tagliano a metà e le metà vanno girate su se stesse,  il nocciolo si toglie facilmente.)  In inverno: vanno benissimo anche le pesche sciroppate.  Amaretti duri, 1 cucchiaio di cioccolato fondente in polvere, succo di un limone, 1 cucchiaio di zucchero.
Sbriciolare gli amaretti, quanti bastano, per riempire le cavità delle pesche. Aggiungere il cacao, un poco di acqua ed il succo del limone. Amalgamare il tutto fino a formare un composto abbastanza denso e riempire l’incavo delle mezze pesche. Mettere le mezze pesche, così riempite, in una padella antiaderente con succo di limone e poca acqua. Fare cuocere per circa 15 minuti e forare con una forchetta. La consistenza dovrà essere al dente. Ricetta facile e semplice ma di grande effetto, e, mentre la preparerete, si sentirà un delizioso profumino.

Tutto era facile e felice. Era la Vigilia

PIETRO_spagh.scoglio

È il 24 dicembre, è mattina, ho appena 6 anni, mia madre viene a svegliarmi e mi avvisa che essendo Vigilia, quella sera saremo andati tutti a mangiare dalla nonna Cristina.

Giunge la sera ed eccomi entrare a casa della nonna, sento subito vari odori come, pesci fritti, vongole e cozze fresche, papacelle con polpo e sedano. .. scorgo anche tanti dolci a volontà !

Con i mie cugini mi fiondo sotto all’albero per tastare cosa c’è dentro ai regali impacchettati.. Tanti sorrisi, e sapori si mescolano.

Questa ricetta più che stuzzicarmi il palato mi stuzzica la mente. Ricordo i profumi che ora mi evocano i ricordi tra i più dolci, delle vigilie con nonni, cugini e parenti, dove tutto era un sorriso e un sapore, dove tutto era facile e felice.

Pietro

 

Ricetta per spaghetti misto allo scoglio

Ingredienti

linguine, vongole e cozze, pomodorini ciliegina, aglio, pepe nero

Far scaldare in una padella dell’olio extra vergine a fiamma vivace, aggiungere l’aglio e il pepe per insaporire. Con ancora la fiamma vivace versare le cozze e le vongole, sfumare con vino bianco, dopo 12-15 minuti aggiungere i pomodori ciliegino. Controllare il sugo, ci vorranno 25/30 minuti. Dopo i primi 13minuti di cottura delle linguine, scolare e aggiungere il sugo.

Impiattare con una spolverata di prezzemolo.

I Caplét tra bontà e scherzo

Una tradizione di molte case romagnole era quella del “cappelletto del lovo.” Mia nonna che era romagnola mentre riempiva i cappelletti in uno metteva un fagiolo o un pezzo di tappo in mezzo al ripieno. Quindi a chi capitava il cosiddetto cappelletto “lovo” aveva due soluzioni: o ingoiare il cappelletto col fagiolo come se niente fosse, oppure dichiarare di avere trovato il fagiolo dentro il cappelletto e fare un’adeguata penitenza decisa dagli altri commensali. Mi ricordo che mi capitò più di una volta di trovare il fagiolo… La prima volta confessai di averlo trovato e feci una penitenza per nulla piacevole; dovetti sparecchiare e lavare i piatti. La seconda volta che mi capitò di trovare il fagiolo ingoiai il cappelletto con il fagiolo facendo finta di niente. Se nessuno dichiarava di averlo trovato, la nonna guardava i commensali negli occhi e chiedeva ad ognuno chi aveva mangiato il cappelletto del ”lovo,” naturalmente tutti negavano e finiva il tutto con una grande risata.

Paola

Ricetta

Ingredienti: per 8 persone: per la pasta: 400 gr di farina, 4 uova; per il ripieno 200 gr di ricotta,100 gr di formaggio tenero (ad esempio la casatella o bazzotto), 100 gr di parmigiano, 50 gr di pecorino stagionato, 1 uovo, una grattata di noce moscata sale q.b.; per servirli brodo di carne e parmigiano.
Impastate la farina con le uova fino ad avere un composto liscio ed omogeneo, lasciate riposare la pasta coperta per qualche minuto. Preparate il ripieno, stemperate la ricotta con il formaggio tenero, unite il parmigiano, le uova, il sale e la noce moscata, amalgamate bene il tutto. Tirate la sfoglia di uno spessore medio, ricavate dei quadrati di circa 5 cm di lato, riempiteli con un po’ di ripieno, richiudetelo a triangolo chiudendo bene i bordi quindi fate girare i triangoli intorno al dito medio e sovrapponete le due estremità. Cuoceteli nel brodo di carne e serviteli in brodo con una spolverizzata di parmigiano.