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Che Fattush (insalata) di emozioni

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Ho deciso di descrivere come ricetta di vita questa particolare insalata, chiamata “Fattush“, in quanto racchiude perfettamente l’originalità della mia infanzia. Nata a Ravenna, poi trasferita in Siria all’età di tre anni e rimasta là fino ai nove solo per il periodo scolastico, mentre per quello estivo tornavo in Italia. In questo tanto girovagare, in questo tanto “insalatare” di emozioni, culture e profumi, la ricetta che descrive meglio questo mix di sapori è proprio una delle tipiche insalate siriane, chiamata “Fattush”. E’ un’ insalata mista con verdure mediterranee, come lattuga, pomodori, cipolla, cetrioli, arricchita dal pane siriano (che ricorda molto la piadina romagnola) spezzettato e fritto nell’olio. La freschezza di questa insalatona era accentuata dal condimento originale del limone con la menta fresca, in modo da conferirle quel sapore esotico, distante solo 4 ore di volo da quello del tradizionale condimento d’olio d’oliva italiano.

Forial

Ricetta

Ingredienti: pomodori maturi rossi, insalata mista, cipolle rosse, cetrioli, limoni, menta, olio d’oliva, sale, piadine romagnole.

Per 8 persone: tritare fine il ciuffo d’insalata e il ciuffo di radicchio, poi gli 8 pomodori, i 2 cetrioli, e le 2 cipolle. Fare seccare 4 piadine in forno, quando si nota che sono abbastanza secche, spezzarle in piccoli pezzi, saltarli in padella con poco olio, e lasciarli raffreddare da parte. In una tazza mettere il succo di due limoni, poco olio d’oliva, sale e menta fresca quanto basta. Quando la piadina si è raffreddata, unirla poco prima di servire alle verdure condite con il condimento preparato precedentemente nella tazza. Aggiungere all’ultimo il pane fritto con l’insalata perchè altrimenti rischia di diventare troppo morbido se lo si aggiunge molto prima e non è più buono e croccante.

 

La turta d’ patat…..

Oggi festeggiamo il compleanno di un’Amica, dobbiamo farle una festa a sorpresa e Valentina efficientissima, ha già pensato a tutto, ha comperato i fiori, i pasticcini e ha messo il vino in frigorifero…….  ma ci vediamo alle 17.30 e magari anche un po’ di salato non guasta…… cosa posso fare io? Ho deciso, posso regalare a Mirella una torta semplice semplice che mi ricorda questi giorni di autunno, gli ultimi che trascorrevo in montagna dalla zia prima di tornare a Modena e ricominciare la scuola. Le giornate si facevano sempre più fredde, la “melina” (nebbia) calava sui castagneti di fronte a casa e sulla stufa economica, La Sovrana (vanto della zia e ormai rigorosamente accesa da una decina di giorni), il pentolino con le patate veniva messo a bollire…  l’odore in cucina di terra, di caldo, di quel l’amore e complicità che solo una zia ti sa dare.

La brina sui vetri, le patate sono cotte e fumano nel colapasta,  sulla finestra il bricco del latte munto la sera prima che aveva fatto un abbondante dito di panna, il macina pepe che sprigionava un profumo intenso, forte, avvolgente che mi faceva starnutire e il sole che calava dietro a Montalbano. “Guglie Guglie corri a prendere le uova nel pollaio che viene buio…. che quando torni la turta l’è prunta…”. Questa torta salata, povera di ingredienti ma ricca di ricordi e di affetti perduti, oggi la preparo per te, per raccontarti di me, e dell’emozione che provo tutte le volte che schiaccio le patate…….

Guglielmina (Commissione per le pari opportunità -C.P.O. del  Comitato unitario delle professioni intellettuali -C.U.P.)

Ricetta

Ingredienti: 1 kg circa di patate, 100 g. di Parmigiano Reggiano 30 mesi grattugiato, 100 g. di pecorino grattugiato, 200 g di panna da cucina, una manciatina di pan grattato, sale q.b. e mezzo cucchiaino da caffè di pepe, comunque da dosarsi a piacimento.

Prendere le patate, lavarle e cuocerle con la buccia, schiacciarle con lo schiaccia patate a buchi piccoli, aggiungere i formaggi grattugiati, la panna il sale ed il pepe che sarebbe opportuno macinarlo al momento. Mescolare bene il tutto, il composto deve risultare come un purè molto sodo, prendere una teglia rettangolare (io generalmente uso una pirofila) foderarla con carta da forno, ungerla leggermente con olio d’oliva e spolverarla con il pan grattato (giusto un velo) posateci il composto e con le mani livellatelo e lisciatelo bene (magari aiutandovi con la parte convessa di un cucchiaio e un goccio di latte o acqua, ma pochissima), con i rebbi della forchetta rigare la superficie con segni di sbieco alle pareti della teglia nei due sensi tanto da ricavare un disegno a rombi, spolverare con una manciatina di pan grattato, la torta non dovrà superare i 15 millimetri circa di altezza, altrimenti non si cuoce bene. Infornare in forno preriscaldato per circa  30’ a 160°, comunque la nostra leccornia è cotta quando avrà formato una crosticina ben dorata, a questo punto aprite il forno e lasciatela intiepidire rigorosamente all’interno del forno. Una volta veniva mangiata per cena tiepida, io ora consiglio di gustarla sia tiepida che fredda, come stuzzichino per l’aperitivo o una merenda tra amici.

Il brodetto dei riminesi

Questa è la ricetta del brodetto come si fa a Rimini. Ogni borgo di mare, da Rimini a San Benedetto del Tronto ne ha una diversa dalle altre.
Una volta, quando ancora ero bambina, la gente gettava le reti a riva e le tirava su a sera raccogliendo piccoli pesci e crostacei (la “tratta”) che venivano utilizzati per questo piatto. L’uso dell’aceto conferisce un odore forte e particolare: l’odore del brodetto, appunto, dei riminesi che non è una zuppa di pesce liquida come il caciucco o la bouillabaisse.

Marisa

Ricetta

Ingredienti: olio, aglio, cipolla, prezzemolo, concentrato di pomodoro, pesce da zuppa.
Si comincia con un soffritto di aglio, poca cipolla e prezzemolo tritati. Quando è colorito si spegne con un mezzo bicchiere di aceto poi si aggiunge del concentrato di pomodoro (2 cucchiai ) ma non l’ortolina!! E poi si lascia cuocere con un bicchiere d’acqua.
Intanto pulite il pesce. Usate gallinelle, scorfani, pesce san Pietro, e altri pesci di piccola taglia. Poi gattuccio e magari qualche vongole e dei crostacei ma pochi perché danno un sapore dolce. Magari a Modena non è facile trovare i pesci giusti ma si può ovviare con del branzino. Il pesce si colloca in un tegame largo e basso. Si versa sopra il sugo e si lascia cuocere senza mescolare finché l’acqua di cottura del pesce non si è asciugata. Buon appetito!

Oggi è la tua festa, mamma

frittata donatella

Percorro la Via Emilia, ma non vedo quello che mi circonda, penso. E gli occhi mi si riempiono di lacrime. Non ha senso che tu ti consumi in un letto, immobile e con lo sguardo vuoto nei pochi minuti di veglia. Ancora mi riconosci ma probabilmente fra poco non più. Gli anni sono tanti, superiore alle aspettative medie di vita; ma questo non attenua il dolore che opprime e si allenta solo in assenza del pensiero. Il dolore si alimenta di questa lenta agonia.
Sono accanto a te nella stanza silenziosa e sfoglio una vecchia agenda rossa del 1978. Anni fa, prima della moda televisiva di “tutti chef” avevi trascritto in questa agenda alcune ricette che poi ricopiavi per darne copia alle amiche con la tua calligrafia precisa di inizio ‘900, frutto di una rigida educazione in orfanatrofio, più che dei pochi anni trascorsi sui banchi di scuola. Una ricetta semplice, ma che con il tempo ha ottenuto sempre più successo tra i tuoi nipoti, è la “Frittata” con la quale riuscivi a far mangiare gli spinaci a bimbi altrimenti riottosi.
Donatella (Associazione Culturale “L’Incontro”)

Ricetta
Ingredienti: Frittata (dose per due): 2 uova, 1 hg di spinaci cotti sminuzzati e schiacciati per liberarli dall’ acqua, 2 cucchiai di pan grattato, 4 cucchiai di parmigiano grattugiato, un pizzico di sale, un po’ di noce moscata grattugiata.
Sbattere le uova con due cucchiai di acqua fino ad ottenere un composto schiumoso.
Aggiungere ed incorporare gli spinaci, il pane grattugiato, il parmigiano, il sale, la noce moscata; scaldare una padella antiaderente e versare il composto.
Quando la frittata si stacca dalla padella la si gira con una paletta. Lasciare cuocere per altri 5 minuti il composto e poi prima di mangiare si canta insieme:

Vedo la luna, vedo le stelle,
vedo Caino che fa le frittelle,
vedo una tavola apparecchiata,
vedo Caino che fa la frittata……

La magia gialla

polenta_Primo

Ricordi. Ricordi di un bambino, ricordi di una nonna amorevole dolce e protettiva, ricordi di poco cibo ma tanta allegria. Ricordi di un camino grande, appoggiato ad un muro di una grande stanza ed un fuoco acceso, un paiolo nero e bruciacchiato appeso al centro, fin quasi ad appoggiarsi al fuoco. Fuoco scoppiettante si schiocchi che salivano e scaldavano l’acqua. Al centro della stanza una grande tavola di legno con qualche tarlo. Sul tavolo un sacchetto impolverato che conteneva farina color giallo: la polenta.
Ed ecco il rito quasi magico ai miei occhi, compiuto con gesti di grande sapienza ed oculatezza dalla nonna nel versare e rimescolare, con il grande mestolo di legno, quello che ai miei occhi sembrava solo acqua colorata di giallo.

Poi il mio stupore nel vedere quell’acqua colorata, che si addensava come la plastilina che usavo per i miei giochi.
Quando i tempi dettati dal calore, sotto il vigile controllo della nonna, erano compiuti, veniva il rito del lento, lento rovesciamento del paiolo in una grande pentola che sarebbe stata appoggiata sul tavolo: che profumo ! era pronto !

Così ogni giorno c’era un’alternanza di variazioni: polenta con i fagioli, polenta con i funghi, polenta ‘da sola’ . Il mio ricordo più goloso rimane quello della polenta con lo zucchero, che bontà ! .
Soltanto crescendo, molti anni dopo capii che era il cibo dei poveri. Cibo per poveri di ‘danari’, ma ricchi di gioia, di amore per il prossimo, di fratellanza e mutua assistenza.
Questa è ancora oggi per me, la vera magia di un piatto di polenta.

Primo

 

Ricetta per la Polenta

2 litri di acqua, 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva, 1 cucchiaio di sale grosso, 1/2 kg di farina di mais

Si comincia mettendo l’acqua in una pentola fino a portarla in ebollizione. Aggiungere il sale grosso, l’olio, la farina gialla di mais un pò alla volta, lentamente evitando che si formino i grumetti, e iniziate subito a mescolare con un mestolo di legno. Occorre mescolare sempre nello stesso verso, facendo girare lo strato profonso con quello più in alto mantenendo un composto omogeneo. Se la polenta diventa dura e compatta aggiungere un mestolo di acqua calda, tornerà morbida. Girate, girate, girate la polenta senza cedimenti finchè inizia a staccarsi dai bordi della pentola. Continuate la cottura altri venti minuti: la polenta più si cuoce più viene buona.

Quando sarà pronta versatela su un tagliere di legno e portate in tavola. Si può mangiare accompagnata con ciò che preferite. La polenta e’ buona anche nella versione più semplice, tagliata a fette con burro e formaggio che si scioglieranno per il calore…

Brodetto di pesce marchigiano fatto da mia madre

Mia madre comprava il pesce fresco alle sette del mattino, da quelle che chiamavamo “portammare”, ossia le pescivendole (portano dal mare). Arrivavano, fino ai primi anni ’50, con le cassette del pesce in testa, a piedi, da Porto Recanati. Le loro voci mi svegliavano, le ho ancora nell’orecchio, acute e un po’ strascicate: “Pesce vivooooo, lattarina (pesci piccolissimi e argentati) el risu de maruuuu…(ossia il riso del mare, oppure il sorriso del mare… chissà…), e poi “concole, panocchie, alici, roscioli (piccole triglie) zanchette, gattine, mugelle e bocca in caoooo (forse gallinelle di mare), seppie, sgombri, sfoglie (sogliole) scorfani”.
Vivo, vivo!! Teresa, Nunziata, Caterina, Maria, Adelina, Lisa, è rivato el pesce vivo e a poco! Il richiamo finale risultava musicale, modulato, inconfondibile: “Aho ahohhhhh!!”
Erano pesci per lo più a basso prezzo, freschissimi. Dopo la rituale discussione sul prezzo, sul peso, ecco una manciata di alici o un pugno di granchi in omaggio. Mia madre ne sceglieva alcuni, spesso merluzzi, per ricavarne un brodo leggero e profumato per me, che ero delicata di stomaco e inappetente; di altri si serviva per preparare una zuppa per gli uomini, piuttosto forte e saporita, il famoso “brodetto” marchigiano, che ha tante versioni: dolce e delicato a Fano, sempre più piccante e forte man mano che si scende verso Abruzzo e Puglia.

Maria Teresa

Ricetta

Con diverse varianti in base alle specie e alla quantità e varietà di pesci a disposizione. La riuscita dipende da questo: il brodetto nasce infatti sulle barche dei pescatori e si cucina con quello che si pesca.

Far soffriggere in un grande tegame possibilmente di terracotta una grossa cipolla affettata finemente in abbondante olio EVO, aggiungere una o due seppie pulite e tagliate a pezzi, far bollire a fuoco vivo, quindi sistemare sopra le seppie gli altri pesci facendo attenzione a non romperli, mettere per ultimi quelli più teneri, poi sale e pepe insieme ad un pizzico di zafferano; mentre il pesce si rosola sfumare con un bicchiere di buon vino bianco secco, aggiungere uguale quantità di acqua calda e portare a cottura. Servire con pane tostato, con sopra pesci e abbondante sugo, che sarà di colore marrone nella versione zafferano o rosso scuro nella versione pomodoro.

Un’erotica sensazione

Ed eccoci qui tu ed io da soli
A noi due verrebbe da dire, ma non è una sfida.
Ti concederai a me
e mio sarà il sadico desiderio di condurti fino alla perfezione
e il piacere sarà più mio che tuo.
Affondo le mie mani dentro di te
Ti giro intorno, ti accarezzo con un sensuale movimento,
so che ti piace
e solo così riuscirai a dare il meglio di te.
Lo sento che sotto il mio tocco ti scaldi
è una sensazione forte che accentua sempre di più la nostra intesa.
Cerchi di resistermi
ma il fuoco si accende sempre di più
Chi cederà per primo? Chi avrà la genialità di trovare l’aggancio giusto
per cambiare la situazione.
Mi lasci l’iniziativa, ci sono, agisco, ed ecco che ti trasformi
continui a lasciarti accarezzare
le mie mani non riescono a staccarsi da te
è come se ti volessero modellare, forgiare,
creare di te un’immagine ammaliante,
fumante d’intensità e  di bellezza.
Non puoi resistermi!
E’ bellissimo osservarti, annusarti, assaporarti
mentre ti lasci cuocere lentamente con mio enorme  piacere.
Ormai non ce la fai più
me lo confessi: sei cotto !
Posso fare di te quello che voglio
non sai il desiderio che provochi in me,
la voglia di renderti ancora più interessante
insaporirti, arricchirti
per darti quel tono piccante quanto basta per godere di te.
Ci siamo, sei pronto, sei perfetto
sono soddisfatta!
Adesso posso condividerti i miei amici, esigenti,
ingordi, affamati, assetati anche loro di piacere.
Ci siamo, sei pronto, sei perfetto
sono soddisfatta
mio caro cous cous!”

Anna

Ricetta

Ingredienti:  semola di grano duro, acqua, verdure miste o zuppa di pesce o spezzatino di carne mista 

Il  cous-cous va preparato con la semola di grano duro, lavorata con un movimento circolare delle dita  e l’aggiunta graduale di acqua, fino a che i grani si uniscono tra di loro a formare dei chicchi più grossi. Dopo, la semola aromatizzata con sale e alloro, va cotta a vapore in una speciale pentola di terracotta, detta “CUSCUSERA”, avente la tipica forma di uno scolapasta,  incastrata in un’altra pentola dove si farà bollire l’acqua.
Tempo di cottura: almeno due ore!!!!
Oggi troviamo il cous cous precotto al supermercato e questo abbrevia di molto i tempi  di preparazione, infatti basta farlo rinvenire nella giusta quantità di acqua in 5 minuti.
Lo si può condire con una variegata fantasia di verdure precedentemente fritte o grigliate oppure con un’ottima zuppa di pesce con prevalenza di crostacei o uno spezzatino di carne mista.
Spero di aver fornito tutte le indicazioni necessarie e… buon appetito!

Profumo d’autunno

Quando ero piccola la mia stagione preferita era l’autunno.
Oggi no, l’autunno ci assomiglia troppo, a me a mio marito, ai nostri amici. Ora prediligo la primavera da cui traggo l’energia necessaria se non per correre, almeno per camminare di buon passo.
Da bambina invece l’autunno aveva per me un fascino straordinario.
Iniziavano le scuole e i libri e i quaderni, pronti da scoprire, erano ancora lisci, profumati e senza “orecchie”.
Era il tempo di nuova magica frutta che, priva dell’odierna omogeneità stagionale, arrivava ogni anno come un dono prezioso, nuovo ed atteso: uva bianca, uva nera, noci, cachi, castagne, pere.
I sandaletti ormai consunti e i prendisoli striminziti lasciavano il posto a due nuove gonne a due nuovi maglioncini e alle scarpe marroni con i lacci e la para.
Era giusto una sera di fine settembre, non era ancora buio e all’orizzonte d’occidente, dove si guardava per indovinare il tempo dell’indomani, una larga striscia di sereno luccicava di arancio e azzurro. L’aria fresca e pungente accelerava il mio passo mentre le finestre delle case si illuminavano a testimoniare la vita che in esse si stava accendendo.
Abitavo in una vecchia casa del centro storico con una lunga scala buia che affrontavo sempre cantando per esorcizzare la paura.
Arrivata a metà qualcosa mi invase, qualcosa di nuovo e di antico, mi fermai e trattenni il respiro: non potevo sbagliare, era il profumo del fuoco e della polenta!
A cena io e la nonna l’avremmo mangiata col burro e il formaggio (così veniva chiamato a casa mia il parmigiano, formaggio per eccellenza), il papà e la mamma con la saracca alla brace.
Ora sì che era autunno, ora sì che avrei ripreso la mia cartella, la gonna scozzese e presto anche il berretto di lana!
Questa sera la polenta e domani una patata americana: non è questa la felicità?

Luisella

Ricetta

Ingredienti: Acqua; Farina gialla fioretto 2/3; Granisello 1/3

Pesare l’acqua e la farina è una operazione perfettamente inutile ed anzi, a volte, controproducente perché la quantità di acqua cambia a seconda del tipo di farina. Occorre, ahimè, andare a occhio. Scegliere un tegame la cui capacità corrisponda alla quantità di polenta che vogliamo cucinare. Dimenticando il paiolo di rame che veniva usato per la cottura nel camino e pensando di preparare la nostra polenta su un normale fornello a gas, il tegame dovrà avere un fondo molto spesso. Riempire il tegame di acqua fino a una altezza di circa tre/quarti. Portare a ebollizione e salare. Non troppo, la polenta è buona un po’ insipidina. Tenendo il fuoco acceso in modo che l’acqua continui a bollire allegramente versare il granisello a pioggia con l’aiuto di uno strumento adatto. Lo strumento può essere l’apposita frusta, un paio di forchette o, come uso io, un rametto di una pianta con la biforcazione a tre (come una fionda triforcuta). L’operazione di inserimento della farina è la più delicata perché è proprio in quel momento che si formano i famigerati grumi (altrimenti detti malocchi) che non riusciremo più ad eliminare. La farina deve cadere con delicatezza e velocità. Quanta farina dobbiamo mettere? Decidiamo prima se per la successiva cottura vogliamo tenere il tegame coperto o scoperto. Se decidiamo per il tegame coperto dovremo raggiungere fin da subito una consistenza piuttosto elevata perché l’evaporazione sarà minima, se invece optiamo per il tegame scoperto dovremo fermarci a una consistenza più morbida che si farà più soda con l’evaporazione. Lasciare bollire il granisello per 10/15 minuti poi versare con gli stessi accorgimenti il fioretto. Se abbiamo il tegame coperto la polenta dovrà essere mescolata ogni tanto ed energicamente (ogni 8/10 minuti), se invece abbiamo il tegame scoperto essa dovrà essere mescolata molto spesso, pressochè continuamente. Tempo di cottura totale in entrambi i casi: 50 minuti. Versare la polenta su un tagliere preventivamente bagnato con acqua e lasciare indurire. Se la vostra polenta si taglierà a fette con un filo (un filo un po’ grosso, da ricamo) vorrà dire che siete state brave!

 

La carne alla genovese della domenica

Mia madre era una insegnante bravissima ma non le piaceva cucinare. Abbiamo sempre avuta una persona di sevizio fissa che provvedeva a questa incombenza. Mia madre amava leggere e ricamare ed aveva un solo piatto che le riusciva bene e per questo motivo lo faceva spesso alla domenica: era la carne alla genovese un classico della cucina napoletana del quale non si sa l’origine del nome. La genovese è molto comoda perché quando questo piatto è cotto permette sia di condire la pasta, di norma gli ziti spezzati in quattro, che di mangiare come secondo una carne molto saporita e gustosa.

Clara

Ricetta
Ingredienti: olio extra vergine di oliva almeno 3 cucchiai da tavola, un filone di maiale di un chilogrammo circa, un chilogrammo di cipolle tagliate a fette sottili, 2 pomodori pelati, 5 chiodi di garofano, un pezzetto di cannella un mezzo bicchiere di vino bianco secco, sale, pepe, olio extra vergine di oliva tre cucchai da tavola.

Come prima cosa conviene legare il filone di maiale con la corda da cucina per fare sì che le fette quando verranno messe in tavola risultino tutte uguali.
Fare soffriggere e rosolare nell’olio la carne da tutte le parti e poi coprirla completamente con le fettine di cipolla. Aggiungere sale, pepe, chiodi di garofano e tutti gli altri ingredienti. Fare andare a fuoco molto basso dopo avere messo il coperchio e sigillarlo anche con della carta stagnola. Fare cuocere la carne per almeno una ora e controllarla, se è ormai cotta la si toglie dall’intingolo e la si mmette in un piatto. La cipolla invece deve cuocere ancora e sarà pronta quando apparirà trasparente. A questo punto la carne verrà rimessa nel tegame con la cipolla. Si cuociono gl ziti e si condiscono con una parte del condimento a base di cipolla mentre la restante verrà servita in accompagnamento alla carne tagliata a fettine come secondo. A noi di casa è un piatto che piaceva moltissimo…

 

I macaroun con la custareina o pian custé

Mi stanno chiamando; sento il mio nome “Ester!” è la suora di turno che mi dice: “c’è tuo padre, vai a mangiare a casa”. Infatti, ecco il mio papà a cui chiedo subito il perchè dell’uscita dall’asilo in quella giornata che, ricordo ancora molto fredda e buia. “Tua nonna” mi dice:”Ha fatto i maccheroni conditi con la costarina in umido che ti piacciono tanto e, allora ti sono venuto a prendere”. Per me, la mia nonna Ermanda, ma per tutti la “nona armanda” era bravissima a fare da mangiare e a volte mangiavamo insieme e pi spesso di domenica. Tanti e tanti anni sono trascorsi, ma il ricordo dei suoi gustosissimi piatti rimane ancora. Non erano fini come quelli attuali che in tanti ci propongono, ma erano piatti unici, adatti per riunire la famiglia. Questo pensare mi porta quasi a vedere la sua possente figura destreggiarsi nella sua umile cucina e mi sembra ancora di sentire la sua forte voce che ci chiama: “Mitivmo a tevla cl’è tot prount e s’a psi magnè con d’la ptit”
(Mettetevi a tavola chè è pronto e, se potete, mangiate con appetito) ndr. Questo l’augurio che ci faceva ogni volta. “la ricetta della “nona Armanda” non si discosta da quella per fare il “ragù a la mudnesa” solo che al posto del macinato vanno messi i pezzi del “pian custè” tagliato “per la longa” (in verticale) ndr. e preventivamente sbollentato per alcuni minuti per togliere il grasso abbondante. Al giorno d’oggi, forse, questo non è più così necessario essendo i maiali molto più magri!

Ester, Associazione Culturale “L’Incontro”  e gruppo dialettale “Gli artisti poer caso”

Ricetta

Ingredienti: per 6 persone: 1,3 kg di costolette di maiale, 1 carota media, 1 grossa cipolla bionda, 1 gambo di sedano, 2 spicchi d’aglio, 1 scatola di polpa a pezzettoni o salsa di pomodoro da 400gr, 3 cucchiai abbondanti di olio di olvia extravergine, sale e pepe q.b.

Fate prima rosolare la costarina, tagliata a pezzi di circa 5 cm, in un pò di olio, sale e pepe. Dopo alcuni minuti passarla nel tegame della cipolla, carota e sedano e continuare a rosolare con l’olio finchè il tutto prenda un bel colore dorato. Aggiungere il pomodoro e continuare la cottura a fuoco moderato per circa due ore. Al bisogno aggiungere un pò d’acqua per non addensare troppo. Aggiustare con il sale. Lessare i maccheroni cotti in acqua abbondante e salata e, scolati, passarli nel tegame rigirandoli nel sugo.
Nel piatto da portata lasciate in bella vista le costolette e “S’a psi magnè con d’la ptit!!”