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Sfogliata con le mele

Tanti grammi di farina, un pizzico di follia, zucchero secondo il proprio gusto e necessità, della cannella per speziare bene….. Per un impasto ottimale ci vuole pazienza a volontà, abbinata ad una buona dose di diplomazia. Sì, la vita è un bell’impasto e per ottenere la sua giusta consistenza serve consapevolezza, determinazione e spirito di adattamento alle varie intemperie. Tutto va impastato con amore, altruismo e anche umiltà.
La vita è come una torta, bella da vedere, profumata, ti invita ad assaggiarla e ad assaporarla fino in fondo. A volte alcune fette possono essere difficili da digerire. Arrivano momenti in cui c’è bisogno di rimpastare tutto, aggiungere nuovi ingredienti, attendere una lenta lievitazione, cuocere con il cuore e con la mente. La ricetta ha qualcosa di personale, di unico, si rinnova e si tramanda ogni volta.
La ricetta che vi propongo, mia madre Agapia, in Romania, la realizzava utilizzando il burro preparato da lei, le uova delle sue galline e le mele del proprio giardino, tutto autenticamente biologico, e il sapore era “unico”. In inverno, quando si ammazzava il maiale, il burro veniva sostituito con un lardo particolare (osinza) ricavato dalla pancia dell’animale e la sfoglia diventava soffice e si apriva come un fiore.

Violetta

Ricetta
Ingredienti: per la Pasta sfoglia: 350 gr. di farina, 1 cucchiaio di olio, 5 cucchiai di panna (si può sostituire con ulteriori 3 cucchiai di olio), 1 cucchiaio di succo di limone, un pizzico di sale, 200 ml di acqua a temperatura ambiente, 250 gr. di burro, 7 cucchiai di farina.
Fare un impasto in una terrina con il burro a temperatura ambiente ed i 7 cucchiai di farina, deve risultare una crema morbida. Impastare gli altri ingredienti finché il tutto diventi una palla soffice.
Sulla spianatoia infarinata tirare l’impasto di spessore di 5 mm, spalmarvi la crema di burro sopra, arrotolarlo per la lunghezza e poi formare una girella, coprirla con un canovaccio e metterla nel frigo per 30′.
Sbucciare le mele, grattugiarle usando i fori grandi, lasciarle sgocciolare.
Dividere l’impasto a metà e ogni parte tagliarla in tre e sovrapporle. Tirare una sfoglia di 5 mm, appoggiarla in una teglia grande unta e infarinata. Cospargere di pangrattato e aggiungere le mele strizzate, la cannella e lo zucchero. Coprire con l’altra sfoglia, bucherellarla con la forchetta, spennellare con il tuorlo d’uovo, infornare a 160-180° per 30 minuti. Quando è ancora calda tagliarla a cubetti e cospargerla con zucchero a velo.

La magia gialla

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Ricordi. Ricordi di un bambino, ricordi di una nonna amorevole dolce e protettiva, ricordi di poco cibo ma tanta allegria. Ricordi di un camino grande, appoggiato ad un muro di una grande stanza ed un fuoco acceso, un paiolo nero e bruciacchiato appeso al centro, fin quasi ad appoggiarsi al fuoco. Fuoco scoppiettante si schiocchi che salivano e scaldavano l’acqua. Al centro della stanza una grande tavola di legno con qualche tarlo. Sul tavolo un sacchetto impolverato che conteneva farina color giallo: la polenta.
Ed ecco il rito quasi magico ai miei occhi, compiuto con gesti di grande sapienza ed oculatezza dalla nonna nel versare e rimescolare, con il grande mestolo di legno, quello che ai miei occhi sembrava solo acqua colorata di giallo.

Poi il mio stupore nel vedere quell’acqua colorata, che si addensava come la plastilina che usavo per i miei giochi.
Quando i tempi dettati dal calore, sotto il vigile controllo della nonna, erano compiuti, veniva il rito del lento, lento rovesciamento del paiolo in una grande pentola che sarebbe stata appoggiata sul tavolo: che profumo ! era pronto !

Così ogni giorno c’era un’alternanza di variazioni: polenta con i fagioli, polenta con i funghi, polenta ‘da sola’ . Il mio ricordo più goloso rimane quello della polenta con lo zucchero, che bontà ! .
Soltanto crescendo, molti anni dopo capii che era il cibo dei poveri. Cibo per poveri di ‘danari’, ma ricchi di gioia, di amore per il prossimo, di fratellanza e mutua assistenza.
Questa è ancora oggi per me, la vera magia di un piatto di polenta.

Primo

 

Ricetta per la Polenta

2 litri di acqua, 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva, 1 cucchiaio di sale grosso, 1/2 kg di farina di mais

Si comincia mettendo l’acqua in una pentola fino a portarla in ebollizione. Aggiungere il sale grosso, l’olio, la farina gialla di mais un pò alla volta, lentamente evitando che si formino i grumetti, e iniziate subito a mescolare con un mestolo di legno. Occorre mescolare sempre nello stesso verso, facendo girare lo strato profonso con quello più in alto mantenendo un composto omogeneo. Se la polenta diventa dura e compatta aggiungere un mestolo di acqua calda, tornerà morbida. Girate, girate, girate la polenta senza cedimenti finchè inizia a staccarsi dai bordi della pentola. Continuate la cottura altri venti minuti: la polenta più si cuoce più viene buona.

Quando sarà pronta versatela su un tagliere di legno e portate in tavola. Si può mangiare accompagnata con ciò che preferite. La polenta e’ buona anche nella versione più semplice, tagliata a fette con burro e formaggio che si scioglieranno per il calore…

Fontana Dugoni

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Una biolca di terra in prossimità di Ponte Sant’Ambrogio nel Comune di San Cesario. Un bassocomodo sorretto da quattro contrafforti con la bocca del forno sulla parete nord. Intorno solo prato. Siepi autoctone e una parete di sempreverdi. La Vite. Alti fusti, disposti a mezza luna, tra cui una quercia assai vigorosa. Due pioppi e un prugnolo a ricordo delle coltivazioni più intense del passato. Due porte da calcetto. Un lungo tavolo in legno costeggiato da due panche che poggiano sulle solide ruote di ferro di un vecchio carro agricolo. Una striscia luminosa di piccole luci si accendono al crepuscolo. La legnaia. La casetta di legno con dentro tutto il necessario. Si inaugura il 25 Aprile e si prosegue fino a Settembre. Si sta alla buon aria. La grande griglia canadese circolare raccoglie nel suo ventre parabolico il letto di braci. Si mesce il vino e si cuociono le carni. Sua maestà il maiale ci finisce sempre in mezzo. La qualità è il macellaio di fiducia, il buon risultato è dato dall’esperienza del cuocerlo al momento e per il tempo giusto. Il grande orto, curato da mani esperte, fornisce il resto. C’è ampio parcheggio per la compagnia che è l’ingrediente principale per rendere speciale questa ricetta. Il luogo ha sempre portato il nome della strada: Bagnese. E’ un’eredità di famiglia nata da una rocambolesca divisione, avvenuta 15 anni fa, di un piccolo podere che nostro padre aveva in comproprietà. Noi, che siamo in 4 fratelli, abbiamo pensato solo a condividerlo ed a conservare le ricette di vita contadina lì apprese. Nel tempo sono state fatte diverse migliorie per renderlo più accogliente ed accessibile. Fu così che prima di tutto portammo l’acqua e mettemmo una fontana. Sandro venne a cena con tutta la famiglia, e mentre raccontava una nuova ricetta intorno a fuoco, ribattezzò il luogo così come lo chiamiamo oggi: Fontana Dugoni.

Albano

Ricetta

Ingredienti: Terra, Aria, Acqua, Fuoco, Amicizia

Ricomincia la scuola

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Torta buffetta. La mia nonna paterna mi ha trasferito le ricette di famiglia ora custodite nel mio quaderno delle ricette, quelle scritte ad occhio perché lei, la nonna Rita la bilancia la usava poco. Lei c’è ancora, anni 103 a novembre e quando si metteva a sgranare l’uva rossa lancellotta voleva dire che la vendemmia era iniziata e la scuola stava per iniziare. Io ero felice perché diversamente da altri bambini mi piaceva tornare a scuola e mi piaceva guardarla intanto che con le mani, e solo con le mani, preparava questa torta. Allo stesso modo la preparo io oggi, usando le mani. Non è una torta piaciona per via degli acini d’uva che scrocchiano sotto ai denti ma piace a mio marito e a mio padre e questo basta per andare dal contadino vicino a casa e chiedergli l’uva lancellotta quando inizia a vendemmiare, serve quella, la prima con i chicchi piccoli e rossi. E’ un modo semplice per ringraziare una donna che mi ha dedicato tanto tempo e che oggi con i suoi occhi centenari guarda le mie due bimbe come guardava me da bambina, sorridendo.

Loanna

Ricetta

Ingredienti: 3 uova, 200 gr. zucchero, mezzo bicchiere olio oliva, 450 gr. farina bianca, 1 bustina lievito dolci, un colapasta pieno di chicchi d’uva lancellotta.

Lavare i chicchi d’uva lancellotta e lasciarli asciugare in un colino e infarinarli leggermente. In una ciotola sbattere bene le uova con lo zucchero, aggiungere l’olio, la farina e il lievito continuando a mescolare. Da ultimo aggiungere i chicchi infarinati facendo attenzione che non si rompano. L’impasto deve aderire ai chicchi. Imburrare e infarinare uno stampo alto cm 24/26. Forno statico a 190° x 55/60 minuti. Si deve alzare e gonfiare facendo una crosticina scura in superficie.

Pastiçe (pasticcio di pasta) popolare e molto speciale

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Il Pastice è un piatto tipico in tutta l’Albania, tutti gli albanesi lo conoscono, è di origine contadina, è molto popolare come lo è un piatto di fagioli ! Ancora oggi lo si cucina nel nostro paese e anche in Italia, a Modena lo cuciniamo ma sostituiamo il latte di colostro con altro latte e un formaggio bianco.

Nel nostro paese d’origine si preparava quando le mucche partorivano per utilizzare tutto il latte di colostro molto ricco e grasso che in parte nutriva il vitello, e in parte veniva munto per preparare questo piatto.

Ricordo mia madre quando cucinava questo piatto. Era molto buono.

Alfredo e Lorenzo

 

 

Ricetta per il Pastice

Ingredienti: 500 gr di spaghetti, 2 uova, burro 20 gr, 1 lt latte di colostro, sale q.b, pepe q.b,

Preparazione: Bollire la pasta in acqua salata e scolarlo quando è al dente.

Aggiungere il latte di colostro, il burro, il sale e pepe poi mescolare.

Adagiare il tutto in modo uniforme su una teglia unta precedentemente.

Era il lavoro dei campi. Era come una festa

parmigiana carciofi_il lavoro nei campi

Avevo circa sette anni e mi trovavo in campagna con i miei genitori che stavano lavorando nei campi intenti a spargere letame per poi arare i terreni. Quella volta verso mezzogiorno arrivò mio zio che rientrava da Pestum, dove era andato per il rifornire di olive le salumerie del paese, passò dai campi e mi caricò sull’apecar diretto a casa.  Arrivati la zia stava preparando un piatto che mai prima avevo mangiato, e che ancora oggi quando lo assaggio mi ricorda sempre quella giornata: la parmigiana di carciofi.

Giovanni

 

Ricetta della parmigiana di carciofi

Ingredienti

Carciofi, farina, uova, sugo di pomodoro già cotto, mozzarella o provola fresca, parmigiano reggiano grattugiato, pepe nero, sale fino e olio per friggere.

 

Preparazione.

Tagliare i gambi dei carciofi togliendo un giro di foglie; tagliate oltre la metà del carciofo così che vada via la parte più verde; tagliate il carciofo in due/tre parti quindi sciacquare bene, scolare e prendere un piatto piano con dentro la farina, poi una ciotola con le uova, parmigiano,pepe e sale, mescolare bene. In una padella scaldare l’olio; passare i carciofi nella farina e poi nell’uovo e quindi friggerli.

In una teglia mettere del sugo e poi uno strato di carciofi, l’altro de che saranno ricoperti di sugo

 

Profumo d’autunno

Quando ero piccola la mia stagione preferita era l’autunno.
Oggi no, l’autunno ci assomiglia troppo, a me a mio marito, ai nostri amici. Ora prediligo la primavera da cui traggo l’energia necessaria se non per correre, almeno per camminare di buon passo.
Da bambina invece l’autunno aveva per me un fascino straordinario.
Iniziavano le scuole e i libri e i quaderni, pronti da scoprire, erano ancora lisci, profumati e senza “orecchie”.
Era il tempo di nuova magica frutta che, priva dell’odierna omogeneità stagionale, arrivava ogni anno come un dono prezioso, nuovo ed atteso: uva bianca, uva nera, noci, cachi, castagne, pere.
I sandaletti ormai consunti e i prendisoli striminziti lasciavano il posto a due nuove gonne a due nuovi maglioncini e alle scarpe marroni con i lacci e la para.
Era giusto una sera di fine settembre, non era ancora buio e all’orizzonte d’occidente, dove si guardava per indovinare il tempo dell’indomani, una larga striscia di sereno luccicava di arancio e azzurro. L’aria fresca e pungente accelerava il mio passo mentre le finestre delle case si illuminavano a testimoniare la vita che in esse si stava accendendo.
Abitavo in una vecchia casa del centro storico con una lunga scala buia che affrontavo sempre cantando per esorcizzare la paura.
Arrivata a metà qualcosa mi invase, qualcosa di nuovo e di antico, mi fermai e trattenni il respiro: non potevo sbagliare, era il profumo del fuoco e della polenta!
A cena io e la nonna l’avremmo mangiata col burro e il formaggio (così veniva chiamato a casa mia il parmigiano, formaggio per eccellenza), il papà e la mamma con la saracca alla brace.
Ora sì che era autunno, ora sì che avrei ripreso la mia cartella, la gonna scozzese e presto anche il berretto di lana!
Questa sera la polenta e domani una patata americana: non è questa la felicità?

Luisella

Ricetta

Ingredienti: Acqua; Farina gialla fioretto 2/3; Granisello 1/3

Pesare l’acqua e la farina è una operazione perfettamente inutile ed anzi, a volte, controproducente perché la quantità di acqua cambia a seconda del tipo di farina. Occorre, ahimè, andare a occhio. Scegliere un tegame la cui capacità corrisponda alla quantità di polenta che vogliamo cucinare. Dimenticando il paiolo di rame che veniva usato per la cottura nel camino e pensando di preparare la nostra polenta su un normale fornello a gas, il tegame dovrà avere un fondo molto spesso. Riempire il tegame di acqua fino a una altezza di circa tre/quarti. Portare a ebollizione e salare. Non troppo, la polenta è buona un po’ insipidina. Tenendo il fuoco acceso in modo che l’acqua continui a bollire allegramente versare il granisello a pioggia con l’aiuto di uno strumento adatto. Lo strumento può essere l’apposita frusta, un paio di forchette o, come uso io, un rametto di una pianta con la biforcazione a tre (come una fionda triforcuta). L’operazione di inserimento della farina è la più delicata perché è proprio in quel momento che si formano i famigerati grumi (altrimenti detti malocchi) che non riusciremo più ad eliminare. La farina deve cadere con delicatezza e velocità. Quanta farina dobbiamo mettere? Decidiamo prima se per la successiva cottura vogliamo tenere il tegame coperto o scoperto. Se decidiamo per il tegame coperto dovremo raggiungere fin da subito una consistenza piuttosto elevata perché l’evaporazione sarà minima, se invece optiamo per il tegame scoperto dovremo fermarci a una consistenza più morbida che si farà più soda con l’evaporazione. Lasciare bollire il granisello per 10/15 minuti poi versare con gli stessi accorgimenti il fioretto. Se abbiamo il tegame coperto la polenta dovrà essere mescolata ogni tanto ed energicamente (ogni 8/10 minuti), se invece abbiamo il tegame scoperto essa dovrà essere mescolata molto spesso, pressochè continuamente. Tempo di cottura totale in entrambi i casi: 50 minuti. Versare la polenta su un tagliere preventivamente bagnato con acqua e lasciare indurire. Se la vostra polenta si taglierà a fette con un filo (un filo un po’ grosso, da ricamo) vorrà dire che siete state brave!

 

Paneda

Ho dei ricordi meravigliosi della mia infanzia felice e spensierata. I miei genitori andavano al lavoro, perciò vivevo molte ore della giornata in compagnia di mia nonna Viola. Ricordo spesso i suoi saggi consigli e quando l’aiutavo in cucina mi diceva di non sprecare il cibo: “an’s botà via gninta gnanch al pan” (non si butta via niente nemmeno il pane) ndr.
Così, per ragioni economiche più che per preoccupazioni dietetiche, la nonna usava il pane vecchio grattugiato per impanare le cotolette che erano la mia passione. Rivedo mia nonna che usava il pane raffermo per cucinare la Paneda, che, con ingredienti semplici, preparava la minestra per la cena. Ricordo ancora il profumo di burro fuso e il sapore delicato ed invitante.

Sono particolarmente emozionata nel raccontare questa storia, perché mia nonna Viola “l’era ‘na paltadora” cioè confezionava i sigari alla Manifattura Tabacchi, ora ristrutturata e rinata col nome di MaTa.
Maria Luisa, Associazione culturale L’incontro  e gruppo dialettale “Gli Artisti per caso”

Ricetta

Ingredienti: 500 gr. di pane raffermo, 50 gr. di burro, 50 gr. di formaggio parmigiano grattugiato, 1 litro di brodo di carne, sale, pepe, alcune gocce di aceto balsamico.

Cuocere il pane tagliato a pezzi per 20 minuti. Salare, pepare, aggiungere il burro. Versare nei piatti di portata, aggiungere parmigiano grattugiato. Volendo, laciare cadere alcune gocce di aceto balsamico. BUON APPETITO!!!

La sfoglia

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Matilde, 3 anni, entrando mi chiede: Nonna a cosa giochiamo oggi? – Ma a me, quando ero piccola cosa piaceva fare? E allora mi assale un dolce ricordo di quando stavo con la nonna nella grande cucina e lei, regina del “castello” cucinava per tutti. La rivedo mentre si allaccia un candido grembiule e si prepara per fare la sfoglia. Metteva sul tavolo il grande tagliere che ancora mia madre usa e che racconta, a guardarlo con gli occhi della nostalgia, la fatica delle braccia e i mille tagli della coltellina. Nessun gioco mi incantava più della magia dell’impasto e io, con lei, ho pian piano imparato. Con un bianco sbuffo, dal sacchetto di tela, la farina cadeva soffice e il gioco cominciava. Lei mi permetteva di fare un buco al centro e rompervi le uova; con la punta delle dita portavo dai bordi al centro la farina cercando di non rompere gli argini della fontana. Quando l’impasto risultava un po’ sodo e le mie mani tanto appiccicose da non muoversi più, lei proseguiva lavorando l’impasto con il palmo delle mani e la forza delle braccia alternando ad ogni colpo anche il peso del corpo fino ad ottenere una palla liscia ed elastica. La sfoglia era pronta per essere tirata con il mattarello che scorreva avanti e indietro sotto le mani allargate e infarinate. Era sempre una sorpresa vedere il dorato disco così perfetto, sottile profumato di farina e uovo, finalmente riposare. Appena la sfoglia era sufficientemente secca veniva avvolta a formare un rotolo che, con mano ferma ed esperta, la nonna, armata della coltellina, trasformava in quadretti, maltagliati, tagliatelle e taglioline da brodo. Credo di non essere ancora riuscita ad eguagliare la precisione, mista alla velocità di questo taglio capace di produrre così sottili fili di pasta. Ho deciso: questa tradizione non si può disperdere! A Matilde dirò: -Oggi giochiamo a fare la sfoglia!

Mara

Ricetta

Ingredienti: farina e uova. 1 uovo ogni 100 gr. di farina

Al Pluc

Quando ero bambina mia nonna, spesso, alla mattina metteva a cuocere il “Pluc” nella padella appesa alla catena che scendeva dal camino del focolare a legna… e dopo un pò l’aria emanava un profumo che non ho mai dimeticato. Eravamo una famiglia numerosa di quindici persone. Questo “Pluc” si mangiava insieme a colazione, con mio papà c’erano altri quattro fratelli che tornavano dai campi d’estate dopo aver segato l’erba per le mucche – alle 6 di mattina per il fresco – quando ritornavano a casa a colazione e ci si ritrovava tutti insieme intorno al tavolo di cucina.

Marisa

Ricetta

Ingredienti: 500 gr. di pane raffermo, 40 gr. di lardo, 1 cipolla media, 4 cucchiai di salsa di pomodoro, 4/5 cucchiai di formaggio grana

Battere il lardo con la cipolla, metterlo in un tegame basso e largo e fare imbiondire. Aggiungere poi il pane ammollato in acqua la sera prima o per alemno due ore. Bollire a fuoco medio-basso, dopo venti minuti aggiungere la salsa di pomodoro e tenere mescolato. Lasciare cuocere fino ad assorbimento del liquido in modo che sopra si formi una pellicina di crosta. Aggiungere il grana e mescolare.