Archivio tag: tradizioni lontane

Che Fattush (insalata) di emozioni

20150622_113928

Ho deciso di descrivere come ricetta di vita questa particolare insalata, chiamata “Fattush“, in quanto racchiude perfettamente l’originalità della mia infanzia. Nata a Ravenna, poi trasferita in Siria all’età di tre anni e rimasta là fino ai nove solo per il periodo scolastico, mentre per quello estivo tornavo in Italia. In questo tanto girovagare, in questo tanto “insalatare” di emozioni, culture e profumi, la ricetta che descrive meglio questo mix di sapori è proprio una delle tipiche insalate siriane, chiamata “Fattush”. E’ un’ insalata mista con verdure mediterranee, come lattuga, pomodori, cipolla, cetrioli, arricchita dal pane siriano (che ricorda molto la piadina romagnola) spezzettato e fritto nell’olio. La freschezza di questa insalatona era accentuata dal condimento originale del limone con la menta fresca, in modo da conferirle quel sapore esotico, distante solo 4 ore di volo da quello del tradizionale condimento d’olio d’oliva italiano.

Forial

Ricetta

Ingredienti: pomodori maturi rossi, insalata mista, cipolle rosse, cetrioli, limoni, menta, olio d’oliva, sale, piadine romagnole.

Per 8 persone: tritare fine il ciuffo d’insalata e il ciuffo di radicchio, poi gli 8 pomodori, i 2 cetrioli, e le 2 cipolle. Fare seccare 4 piadine in forno, quando si nota che sono abbastanza secche, spezzarle in piccoli pezzi, saltarli in padella con poco olio, e lasciarli raffreddare da parte. In una tazza mettere il succo di due limoni, poco olio d’oliva, sale e menta fresca quanto basta. Quando la piadina si è raffreddata, unirla poco prima di servire alle verdure condite con il condimento preparato precedentemente nella tazza. Aggiungere all’ultimo il pane fritto con l’insalata perchè altrimenti rischia di diventare troppo morbido se lo si aggiunge molto prima e non è più buono e croccante.

 

Coliva, il dolce “amaro”

Coliva (foto)

Bradet, un piccolo paese nel sud della Transilvania (Romania). Qui il tempo pare si sia fermato agli anni quando ero piccola. Al calar della sera si vedono ancora le mucche che, tornando dal pascolo, ognuna riconosce il proprio cancello ed entra nel proprio cortile, mentre sulle verdi colline i pastori radunano le pecore aiutati dai loro cani. Nel gelido inverno puoi incontrare per la strada le slitte trainate dai cavalli. Qui abitudini di vita e riti religiosi si tramandano da una generazione ad un’altra. I matrimoni si festeggiano per 2-3 giorni, ma lo stesso tempo si dedica anche alla persona defunta. La salma viene vegliata per 2 notti, con le candele sempre accese intorno alla barra. Esse sono la luce di Cristo, indicano la redenzione e il cammino della fede per ottenere la salvezza della propria anima. Il giorno del funerale, dopo la messa e la sepoltura, che per gli ortodossi deve essere nella terra, tutte le persone partecipanti al rito funebre sono invitate ad un pranzo composto da una minestra, un secondo ed un bicchiere di vino. Se il funerale si svolge di mercoledì o venerdì, oppure in quaresima, allora il pranzo deve essere vegano. Il tutto è seguito da un dolce chiamato Coliva che si prepara per questa triste occasione e per le messe di suffragio che si ripetono dopo 40 giorni, dopo 6 mesi, e dopo 1 anno dal decesso, poi una volta all’anno fino al settimo anno.
La Coliva è entrata a far parte della pratica religiosa nella seconda metà del 300 d.C. a Costantinopoli. Per prepararla si usa un grano chiamato “arpacas”. Il chicco di grano simbolizza il corpo umano, che una volta interrato risorge a nuova vita. È un’espressione materiale del nostro credere nella resurrezione, attraverso il cibo, che è l’essenza della vita, elemento primordiale della vita dell’uomo. Gli altri ingredienti di questo dolce rappresentano le virtù dei santi o del defunto e anche la dolcezza della vita eterna raggiunta. Si porta in chiesa durante la messa di commemorazione, dove il prete la benedice spruzzandola con del vino (sangue di Cristo) e, all’uscita dalla chiesa, viene offerta ai credenti. Fino a una dozzina di anni fa mi piaceva mangiare questo dolce poi, con la scomparsa di mia sorella, ho dovuto imparare a farlo seguendo la stessa ricetta usata da lei per prepararlo dopo la morte di nostra madre.

Violetta

Ricetta

Ingredienti: 1 kg di grano decorticato, 700 gr di zucchero, 500 gr di noci tostate, scorza grattugiata di 2 limoni e 2 arance biologiche, 4 bustine di vanillina, cacao amaro, rum, biscotti secchi grattugiati, poco sale.
La sera prima lavare il grano in 9 acque, metterlo in una pentola aggiungendo acqua fino a 2-3 ditta sopra il grano con poco sale, e farlo bollire. Quando è quasi pronto aggiungere un bicchiere di acqua fredda, lo zucchero, la vanillina, poi mescolare, spegnere il fuoco, e aggiungere una parte del rum. Al mattino seguente si mescola bene aggiungendo le noci tostate e tritate grossolanamente, dei biscotti grattugiati, dell’altro rum e le scorze grattugiate. Assaggiare e aggiustare secondo il proprio gusto. Sistemarlo su un vassoio, spolverarlo con dei biscotti grattugiati sopra e anche lateralmente, cospargerlo con dello zucchero a velo e ornarlo a piacimento. Con il cacao formare una croce nel centro.

Sfogliata con le mele

Tanti grammi di farina, un pizzico di follia, zucchero secondo il proprio gusto e necessità, della cannella per speziare bene….. Per un impasto ottimale ci vuole pazienza a volontà, abbinata ad una buona dose di diplomazia. Sì, la vita è un bell’impasto e per ottenere la sua giusta consistenza serve consapevolezza, determinazione e spirito di adattamento alle varie intemperie. Tutto va impastato con amore, altruismo e anche umiltà.
La vita è come una torta, bella da vedere, profumata, ti invita ad assaggiarla e ad assaporarla fino in fondo. A volte alcune fette possono essere difficili da digerire. Arrivano momenti in cui c’è bisogno di rimpastare tutto, aggiungere nuovi ingredienti, attendere una lenta lievitazione, cuocere con il cuore e con la mente. La ricetta ha qualcosa di personale, di unico, si rinnova e si tramanda ogni volta.
La ricetta che vi propongo, mia madre Agapia, in Romania, la realizzava utilizzando il burro preparato da lei, le uova delle sue galline e le mele del proprio giardino, tutto autenticamente biologico, e il sapore era “unico”. In inverno, quando si ammazzava il maiale, il burro veniva sostituito con un lardo particolare (osinza) ricavato dalla pancia dell’animale e la sfoglia diventava soffice e si apriva come un fiore.

Violetta

Ricetta
Ingredienti: per la Pasta sfoglia: 350 gr. di farina, 1 cucchiaio di olio, 5 cucchiai di panna (si può sostituire con ulteriori 3 cucchiai di olio), 1 cucchiaio di succo di limone, un pizzico di sale, 200 ml di acqua a temperatura ambiente, 250 gr. di burro, 7 cucchiai di farina.
Fare un impasto in una terrina con il burro a temperatura ambiente ed i 7 cucchiai di farina, deve risultare una crema morbida. Impastare gli altri ingredienti finché il tutto diventi una palla soffice.
Sulla spianatoia infarinata tirare l’impasto di spessore di 5 mm, spalmarvi la crema di burro sopra, arrotolarlo per la lunghezza e poi formare una girella, coprirla con un canovaccio e metterla nel frigo per 30′.
Sbucciare le mele, grattugiarle usando i fori grandi, lasciarle sgocciolare.
Dividere l’impasto a metà e ogni parte tagliarla in tre e sovrapporle. Tirare una sfoglia di 5 mm, appoggiarla in una teglia grande unta e infarinata. Cospargere di pangrattato e aggiungere le mele strizzate, la cannella e lo zucchero. Coprire con l’altra sfoglia, bucherellarla con la forchetta, spennellare con il tuorlo d’uovo, infornare a 160-180° per 30 minuti. Quando è ancora calda tagliarla a cubetti e cospargerla con zucchero a velo.

I brownies di Jane

i-brownies-di-jane

Forse non tutti/e sanno che Saint Paul (Minnesota, USA) è gemellata con Modena. Nell’ambito di questo gemellaggio nel 1989 sono iniziate le missioni di Jane (docente di diritto presso Hamline University) a Modena. Si sono sviluppati i rapporti fra le due università e gli scambi di docenti fra le due città. Durante una visita di Jane a Modena è nata, oltre a una splendida amicizia, l’idea di uno scambio di ricette. Ed ecco quindi una delle prime sperimentazioni. I brownies di Jane.

Tindara (Commissione per le pari opportunità -C.P.O. del  Comitato unitario delle professioni intellettuali -C.U.P.) e Jane (Hamline University, Saint Paul)

Ricetta
Ingredienti: Per impasto: 240 gr di burro, 112 gr di cioccolato fondente, 180 gr di farina, 1 cucchiaino di lievito istantaneo, 1 cucchiaino di sale, 4 uova, 240 gr di zucchero, 1 cucchiaino di vaniglia, 240 gr di noci. Per la glassa: 240 gr di zucchero a velo, 2 cucchiai e mezzo di latte caldo, 28 gr di cioccolato, 22 gr di burro, un pizzico di sale.
Sciogliere il cioccolato e il burro e raffreddare. Mescolare farina, lievito e sale. Sbattere le uova, aggiungere lo zucchero e unificare il mix di farina e, ad ultimo, burro e cioccolato. Aggiungere vaniglia e noci. Porre in uno stampo rettangolare e cuocere per mezz’ora a 175 gradi. Controllare il centro per assicurarsi della cottura. Rimuovere dal forno e raffreddare.
La glassa: mischiare burro e cioccolato e quindi aggiungere il composto allo zucchero e al latte, aggiungere un pizzico di sale e un mezzo cucchiaino di vaniglia. Spalmare la glassa sui brownies.
Quindi: SLICE AND ENJOY. Si può aggiungere gelato alla vaniglia.

Ricordo nostalgico della mia infanzia: il rito e la cultura del caffè in Eritrea

IMG-20150903-WA0001

Quando ero piccola e vivevo nel mio lontano paese, sono cresciuta in una cultura dove il valore dell’ospitalità e dell’accoglienza erano fondamentali. E questi principi mi hanno accompagnata, per tutta la vita, anche fuori dal mio paese. Ogni tanto nelle ricorrenze di festività tradizionali cerco di rivivere quei momenti magici, invitando a casa mia, qui a Modena, amiche di diverse nazionalità e cultura, per condividere questo rito dell’ospitalità e dell’accoglienza del caffè, con molta nostalgia e commozione, perché mi ricorda la mia infanzia e giovinezza. Questo rito, unico nel suo genere, ha origini molto antiche e consiste nell’accogliere calorosamente gli ospiti che arrivano a casa, e dopo essersi accomodati, si offre subito da mangiare e bere. Poi si iniziano i preparativi per il rito del caffè. Viene addobbato con erba fresca per terra e la stanza viene profumata bruciando l’incenso e buttando per terra dei pop-corn come segno di benvenuto, così si crea un’atmosfera magica; poi senza chiedere agli ospiti se gradiscono il caffè ( perché nella mia cultura non si chiede mai cosa vuole l’ospite, viene considerato un’offesa e mancanza di rispetto ) si prepara e basta. Il caffè nel mio paese viene definito una bevanda dell’amicizia e dell’incontro, è un momento di ritrovo, dove le persone coinvolte hanno la possibilità di socializzare, confrontarsi e discutere di qualsiasi argomento. Il procedimento consiste con l’iniziare ad accendere il braciere e poi procedere con la tostatura dei chicchi di caffè crudo davanti all’ospite, il fumo che si sprigiona è simbolo di prosperità, per poi fare sentire il profumo del caffè ai presenti, uno alla volta, per augurargli un lieto destino e lunga vita; solo dopo si può passare alla macinazione ed infine ci si accinge a mettere il caffè macinato in una caffettiera di terracotta, di nome Jebena, la quale verrà messa a bollire sul fuoco di carbonella. Una volta pronto, viene lasciato riposare per pochi minuti ed infine servito in tre fasi diverse per la degustazione: si inizia con una prima tazza (finjal), chiamata nel rituale “awel“, man mano che le conversazioni con gli ospiti procedono si passa alla seconda tazza chiamata “kala’ai awel“, per poi concludere il rituale con la terza dal nome emblematico, “bereket“, per sottolineare l’abbondanza e la benedizione della casa durante il rito e la degustazione. Concludo questo racconto magico e nostalgico, con l’estendervi un invito per mostrarvi dal vivo questo rito e questa cultura dell’ospitalità, perché è uno spettacolo vederlo e gustare tutto l’aroma del caffè. Il rituale del caffè può durare fino a due ore di degustazione, conversazione in amicizia e cordialità.
Zighereda

Ricetta

Ingrediente: caffè crudo dall’Eritrea…

Pastiçe (pasticcio di pasta) popolare e molto speciale

pastice albanese

Il Pastice è un piatto tipico in tutta l’Albania, tutti gli albanesi lo conoscono, è di origine contadina, è molto popolare come lo è un piatto di fagioli ! Ancora oggi lo si cucina nel nostro paese e anche in Italia, a Modena lo cuciniamo ma sostituiamo il latte di colostro con altro latte e un formaggio bianco.

Nel nostro paese d’origine si preparava quando le mucche partorivano per utilizzare tutto il latte di colostro molto ricco e grasso che in parte nutriva il vitello, e in parte veniva munto per preparare questo piatto.

Ricordo mia madre quando cucinava questo piatto. Era molto buono.

Alfredo e Lorenzo

 

 

Ricetta per il Pastice

Ingredienti: 500 gr di spaghetti, 2 uova, burro 20 gr, 1 lt latte di colostro, sale q.b, pepe q.b,

Preparazione: Bollire la pasta in acqua salata e scolarlo quando è al dente.

Aggiungere il latte di colostro, il burro, il sale e pepe poi mescolare.

Adagiare il tutto in modo uniforme su una teglia unta precedentemente.

Rispetto per gli altri – Ricetta di mia madre

Aprile ’94, la nostra casa era sempre stata aperta a tutti, ma quel giorno si aprì a qualcosa di importante per tutti noi. Arrivò una telefonata dalla clinica Hesperia, mia madre rispose “certo portateli qua la camera è pronta”. L’equipe del prof. Ferrazzi si era offerta di operare gratuitamente un bimbo bosniaco nato con una malformazione cardiaca grave. Purtroppo la prima visita dette esito  negativo. Almir – questo è il nome del bimbo – era denutrito, pallido cioè non era in grado di subire una operazione al cuore. Doveva stare a Modena per almeno due mesi e rimettersi in forze. Ecco il perché della telefonata, ci avevano chiesto ospitalità. Quando vidi questi due esseri rimasi sbigottita. Almir aveva gli occhi blu i capelli biondo-cenere, diafano. Sena, la madre, sorridente forse un po’ timida. Mia madre aprì le braccia e disse “dobro-dosli” (si era informata da un’ amica) poi entrammo in casa. Iniziò così un periodo molto intenso nell’ attenzione reciproca di non offendere i propri stili di vita. La domenica mangiavamo tortellini con carne di vitello e/ o pollo e Sena che voleva sdebitarsi ci preparava la pita con verdure e agnello. Almir giocava coi miei nipotini e quando arrivava una crisi aveva imparato a mettersi a sedere e aspettare che tutto tornasse come prima. L’operazione si svolse il 3 giugno e durò 4 ore. Li ho rivisti 2 volte ai controlli medici. Ora dovrebbe avere 25 anni E’ tornato a Tusla con Sena, il padre, che morirà poco dopo saltando su una mina, e Amela sua sorella. Non avevano nulla, avevano perso tutto tranne la vita. Sena  sempre sorridente ci lasciò con qualche chilo in più. Mia madre ci lasciò l’assoluto rispetto e l’amore per gli altri.

Eugenia

Ricetta

Ingredienti:  farina, acqua, verdure lessate, carne non di maiale 

Impastate la farina con l’acqua fino a farne un impasto omogeneo, preparate una grande lasagna e metteteci sopra le verdure e la carne, poi arrotolate a forma di biscia e mettetele in una teglia oliata e formate una spirale, bucatela con una forchetta e mettete in forno a 180° fino a quando la pasta non diventa dorata. Non essendo una brava cuoca, nel caso in cui dovesse essere uno schifo, fermate una signora slava per la strada e chiedetele la ricetta corretta, tornate a casa, rifate il tutto contente di avere conosciuto una nuova persona!

Un’erotica sensazione

Ed eccoci qui tu ed io da soli
A noi due verrebbe da dire, ma non è una sfida.
Ti concederai a me
e mio sarà il sadico desiderio di condurti fino alla perfezione
e il piacere sarà più mio che tuo.
Affondo le mie mani dentro di te
Ti giro intorno, ti accarezzo con un sensuale movimento,
so che ti piace
e solo così riuscirai a dare il meglio di te.
Lo sento che sotto il mio tocco ti scaldi
è una sensazione forte che accentua sempre di più la nostra intesa.
Cerchi di resistermi
ma il fuoco si accende sempre di più
Chi cederà per primo? Chi avrà la genialità di trovare l’aggancio giusto
per cambiare la situazione.
Mi lasci l’iniziativa, ci sono, agisco, ed ecco che ti trasformi
continui a lasciarti accarezzare
le mie mani non riescono a staccarsi da te
è come se ti volessero modellare, forgiare,
creare di te un’immagine ammaliante,
fumante d’intensità e  di bellezza.
Non puoi resistermi!
E’ bellissimo osservarti, annusarti, assaporarti
mentre ti lasci cuocere lentamente con mio enorme  piacere.
Ormai non ce la fai più
me lo confessi: sei cotto !
Posso fare di te quello che voglio
non sai il desiderio che provochi in me,
la voglia di renderti ancora più interessante
insaporirti, arricchirti
per darti quel tono piccante quanto basta per godere di te.
Ci siamo, sei pronto, sei perfetto
sono soddisfatta!
Adesso posso condividerti i miei amici, esigenti,
ingordi, affamati, assetati anche loro di piacere.
Ci siamo, sei pronto, sei perfetto
sono soddisfatta
mio caro cous cous!”

Anna

Ricetta

Ingredienti:  semola di grano duro, acqua, verdure miste o zuppa di pesce o spezzatino di carne mista 

Il  cous-cous va preparato con la semola di grano duro, lavorata con un movimento circolare delle dita  e l’aggiunta graduale di acqua, fino a che i grani si uniscono tra di loro a formare dei chicchi più grossi. Dopo, la semola aromatizzata con sale e alloro, va cotta a vapore in una speciale pentola di terracotta, detta “CUSCUSERA”, avente la tipica forma di uno scolapasta,  incastrata in un’altra pentola dove si farà bollire l’acqua.
Tempo di cottura: almeno due ore!!!!
Oggi troviamo il cous cous precotto al supermercato e questo abbrevia di molto i tempi  di preparazione, infatti basta farlo rinvenire nella giusta quantità di acqua in 5 minuti.
Lo si può condire con una variegata fantasia di verdure precedentemente fritte o grigliate oppure con un’ottima zuppa di pesce con prevalenza di crostacei o uno spezzatino di carne mista.
Spero di aver fornito tutte le indicazioni necessarie e… buon appetito!

Shishparak: tortellini siriani

babini

Sono nata a Ravenna nel 1955. Negli anni dell’ università ho conosciuto un ragazzo siriano, di nome Omar, che era venuto a studiare medicina in Italia. Dopo le rispettive lauree e dopo la nascita di nostra figlia Forial, nel 1986 ci siamo trasferiti ad Aleppo. In Siria ho vissuto all’interno della loro grande famiglia, ho imparato a parlare l’ arabo, a capire le loro abitudini e a cucinare le loro pietanze. La madre e le sorelle di Omar mi hanno insegnato a cucinare degli ottimi piatti siriani, che io puntualmente scrivevo nel mio quaderno di ricette. Un piatto in particolare ha attratto la mia attenzione, non solo per la sua squisitezza, ma anche perchè mi ha ricordato un cibo italiano. Si chiama “Shishparak”: è simile ai cappelletti romagnoli, e per me rappresentava un legame nostalgico con la mia terra d’origine anche se con un sapore diverso. In seguito, ho saputo che nel mondo esistono diverse varietà di pasta ripiena, tra loro unite probabilmente da un antico legame di scambi commerciali e culturali tra vari popoli.

Valeria

Ricetta

Ingredienti:  farina, acqua, sale, carne macinata, cipolla, burro, yogurt, fecola, pinoli, aglio, semi di coriandolo secco.

Per la pasta: sulla spianatoia impastare 400 gr. di farina con acqua e sale. Tirare la sfoglia non troppo sottile, ritagliare dei quadretti e farcirli con il ripieno.
Per il ripieno: in 70 gr. di burro rosolare 400 gr. di carne macinata magra con una grossa cipolla tagliata fine, e lasciare raffreddare. Farcire i quadretti di sfoglia e richiudere a cappelletto. Sbollentarli in brodo vegetale e scolarli.
Preparazione brodo di yogurt: stemperare due cucchiai di maizena in un kg. di yogurt e diluire con il brodo di cottura dei shishparak (cappelletti). Mettere il tutto sul fuoco basso, fino a bollore, girando spesso.
A parte, in 50 gr. di burro, tostare 70 gr. di pinoli con 6 spicchi d’aglio pestati nel mortaio con un cucchiaino di semi di coriandolo ed un pizzico di sale. Versare questa salsina nello yogurt ed aggiugere immediatamente anche i shishparak (cappelletti). Fare insaporire il tutto insieme, per 5 minuti, girando delicatamente.

Profumо di casa

olenakim

“Casa” è molto di più di un semplice muro con il tetto. “Casa” è un posto dove ci si sente al sicuro, dove si trova la pace, dove ci si ripara dai problemi. “Casa” è lì dove si trova il cuore!
Ho passato la mia infanzia con i nonni, e la loro casa di campagna è diventata per me un luogo sacro e divino. Nell’infanzia ognuno di noi associa la casa con un certo odore. Alcuni la associano con il profumo della madre, qualcun altro con l’odore dell’albero di Natale, ma per me l’odore di “casa”  è l’odore di Kulich di mia nonna, il pane pasquale, attributo indispensabile della festa cristiana.
Mentre si scaldava il forno, la nonna iniziava preparare l’impasto. Ne preparava tanto, perché in questo giorno si riuniva tutta la nostra famiglia, e doveva bastare per tutti. Ero ancora piccola, ma aiutavo sempre la nonna nella preparazione del Kulich. Lei faceva quelli grandi per gli adulti e io quelli piccoli per i bambini.
Mia nonna diceva sempre che in casa si dovrebbe sentire l’odore di Kulich. Non capivo bene il senso di questa frase, ma devo ammettere, che il delizioso odore di questo dolce era davvero incantevole… e me lo ricordo ancora. In effetti, quando in casa si sentiva un vertiginoso aroma, e il Kulich si sfoggiava sul tavolo, non potevi pensare ad altro, che ad assaggiarlo al più presto.
Da molti anni vivo in Italia, lontano da quel posto cosi tanto caro! Sempre più spesso mi viene da imbattermi in sentimenti come la nostalgia di casa. Per placare almeno un po’ questa sete, ho deciso di cuocere il Kulich da sola.
Certamente non era lo stesso il forno, gli ingredienti non erano gli stessi, ma soprattutto non erano le  stesse mani, non erano le mani della nonna! Ma almeno per un pò sono riuscita a tornare nel passato, in quella casa cosi cara!

Olena

Ricetta

Ingredienti: Farina 700-1000 g, latte 1,5 bicchieri, uova 6, Burro 150-200 gr, zucchero 1,5-2 bicchieri, lievito 40-50 gr, un pizzico di sale, uva passa, frutta candita, mandorle 50 gr, vaniglia o zucchero vanigliato.

Nel latte caldo sciogliere un cucchiaio di zucchero e lievito. A poco a poco aggiungere circa 150-200 grammi di farina setacciata, mescolare per evitare i grumi, coprire con un panno pulito e mettere in un luogo caldo per lievitare. Dividere il bianco delle uova dai tuorli e mettere nel frigo. Unire i tuorli con lo zucchero. Sciogliere il burro. Quando l’impasto si raddoppia aggiungere i tuorli, il burro, il sale, la vaniglia, il bianco dell’uovo montato a neve e il resto della farina. Impastare tutto di nuovo. Coprire di nuovo con un panno pulito e mettere in un luogo caldo per lievitare. Quando la pasta aumenterà di volume più volte, aggiungere l’uvetta, frutta candita a dadini e le mandorle tritate finemente. Impastare di nuovo per circa 5 minuti e mettere in un luogo tiepido a lievitare. Preparare le teglie alte: imburrare e spargere di farina o pangrattato. Mettere l’impasto, e quando si alza coprire con l’uovo sbattuto. Cuocere in forno a 180 ° per 40-60 minuti.